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Storia sulla pittura

Il progetto “Storia sulla pittura” si rifà alla poesia ed alla letteratura del Duecento, Trecento. Come lì, la pittura è un’allegoria, la veste esteriore di un discorso logico, un’esortazione morale da cui trarre insegnamento. Le pitture vengono realizzate su immagini prelevate dai mass media: pubblicità, servizi di moda, cronaca… Viene riutilizzata la contemporaneità stessa, per essere rivestita di un significato più alto, non transitorio. L’artista interviene sulla realtà per trarne un insegnamento morale e spirituale. Le figure di donne vengono infatti rivestite attraverso l’agire dell’artista, della pittura, di una nuova “veste”, di una nuova “vita”. Questo concetto porterà all’elaborazione del progetto “Nuovo Umanesimo”.

Proprio per questo significato sono utilizzati, come da tradizione in Riccardo Paracchini, esclusivamente temi ispirati alla spiritualità mistica. Sono storie di Maria, Annunciazioni, Avventi, Angeli. I soggetti sono e devono essere il segno della pienezza.

Scrive Luciana Rappo in un suo testo: “Il blu è denso, magmatico, mistico. La pittura, qui, è un luogo, vi si incontrano presenze e assenze, lo spazio dell’opera è un respiro continuo in cui la figura e lo sfondo, la pennellata e l’immagine seriale ricercano e trovano il loro equilibrio. Il luogo fisico nello spazio dell’opera è anche il luogo mentale in cui sono calate le figure: sulle tavole su cui viene incollata la carta appaiono dunque frammenti di storie di Maria Vergine e di Angeli, di Avventi e fughe in Egitto, le figure diventano icone e la storia personale una storia collettiva. Queste figure sono anche tracce di tempo e di tempo passato parlano i colori impiegati per gli sfondi, i blu e i rosa usati come i fondi oro della pittura del ’2-’300; le figure stesse in parte frammentarie, nel loro affiorare alla luce come se fossero state scoperte sotto strati di intonaco, sono ieratiche e geometriche, emanano primitività e purezza al tempo stesso e ricordano i personaggi femminili (la figura è sempre femminile nelle opere di Paracchini) cantati nella lirica provenzale e nei sonetti dei primitivi poeti italiani. Ma nel contagio tra i linguaggi espressivi, nel modificarsi delle immagini con interventi minimali che seguono un preciso piano intellettuale, nella contemporaneità di presenza-assenza, passato-presente, luogo fisico-luogo mentale, si avverte che qualsiasi rimando a passati culturali è confluito in queste opere e si è trasfigurato. L’arte, la pittura in questo caso, deve continuamente ricercare un proprio senso, incessantemente messa a confronto con immagini seriali, elettroniche, virtuali, fortissime, che stanno nel profondo del nostro inconscio collettivo come scenari delle nostre emozioni”.

Modificare l’oggetto della realtà con la pittura. L’idea dell’Angelo o della Madonna sono già in noi.

Con l’intervento della pittura il corpo delle donne viene “ri-vestito” di bianco.

Il fondale viene coperto con una pittura blu (a volte rosa) che, come nei fondi degli affreschi antichi, sostituiva l’oro. È l’immersione nell’ideale trascendente.

La testa viene annullata, per sottolineare l’essenza dell’operazione artistica. Non si tratta infatti di un ritratto ma, molto importante, di una operazione concettuale.

Tutti i lavori sono “Senza titolo”. Spesso per semplificare la catalogazione del lavoro viene assegnato all’opera un sottotitolo.

Tutti i lavori sono realizzati su stampe, o su tavole di legno, o su tela.

Scrive nel 2011 Chiara Mari:

L’artista dagli anni Novanta lavora sul riutilizzo di immagini preesistenti, “scarti” della produzione mediatica, che modifica con la sua pittura per attribuirvi un diverso significato, più profondo, spirituale e spesso legato agli episodi del Vangelo.

Il colore è lo strumento principale di questo “rivestimento” letterale e metaforico: un colore che volutamente si distacca dai toni vivi e pieni della pubblicità e che, nella limitazione al blu e al bianco, lascia emergere la sua forte valenza simbolica. Un colore che non viene steso come superficie compatta, ma come velo che copre e allo stesso tempo lascia trasparire. Velato di blu è il volto della donna, velata di bianco la sua figura: il dettaglio della stampa fotografica si perde al di sotto della pittura a rappresentare un voler andare oltre le facili apparenze dell’oggi.

Scrive nel 2000 Elena Di Raddo:

Paracchini un giorno ha deciso “di fare un lavoro che non piacerà a nessuno” perché è un lavoro fuori dal tempo, che aspira più alla lentezza della vita contemplativa che alla frenesia dell’uomo moderno. E così sono nate le sue principesse, le sue madonne, i suoi angeli: creature che vivono nella dimensione dell’arte, che non conoscono la corruzione del tempo, pur provenendo dal tempo presente. Le creature angelicate, quasi stilnoviste, delle piccole tavole di Paracchini sono tratte in realtà da immagini pubblicitarie.

L’artista interviene su queste immagini inserendole in uno spazio blu o, talvolta, rosa e procede alla “vestizione” dei corpi delle fanciulle con il colore bianco, un po’ come faceva Yves Klein coprendo la tela e gli oggetti con il blu, ma facendo dell’operazione concettuale solo il punto di partenza di un’azione puramente pittorica. Di questa arte, per qualcuno oramai obsoleta, egli rivaluta il valore antico, quello cioè di trasformare la realtà dotandola di nuova vita e significato.

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